Gino Doné nasce in una piccola frazione di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso, il 18 maggio 1924, da genitori braccianti. All’anagrafe italiana è registrato come Gino Giacomo Donè, mentre per l’anagrafe cubana, registrato dopo il primo matrimonio, sarà Gino Donè Paro perché, com’è d’uso nei paesi di lingua spagnola, prenderà anche il cognome materno.
Dopo le scuole è militare nell’esercito italiano. L’8 settembre 1943 si trova a Pola, allora capoluogo dell’Istria. Rientra a Venezia e diventa combattente nella Brigata Partigiana Piave; nel 1944 entra nella Missione Alleata Nelson che opera nella Laguna Veneta. Finita la guerra, nel 1946 riceve un encomio solenne del generale britannico. Nel 1947 è tra i cofondatori della Sezione Provinciale Veneziana dell’ANPI.
Nel 1948, disoccupato, emigra in Francia, quindi in Belgio e poi in Germania; successivamente va a Cuba passando dal Canada. Dal 1951 lavora all’Avana come carpentiere per la costruzione della nuova grande Plaza Civica (l’attuale Plaza de la Revolución). Trascorre il tempo libero sulle gradinate dell’Università per affinare la lingua con gli studenti, così inizia a sentir parlare di Fidel Castro e della sua attività politica universitaria.
Nel 1952, seguendo il lavoro, Gino si trasferisce a Trinidad de Cuba, dove conosce Norma Turino Guerra, che diventa sua moglie. Norma è amica di Aleida March de la Torre, seconda moglie di Ernesto Che Guevara, e la sua famiglia simpatizza per il progressista Partito Ortodosso Cubano, nel quale il giovane avvocato Fidel Castro riveste il ruolo di dirigente. In quel periodo Fidel è esule in Messico e cerca giovani fidati per fondare il Movimento 26 luglio. Fidel viene a sapere che a Trinidad c’è un giovane partigiano italiano e decide di incontrarlo per parlargli del piano che stava preparando per liberare Cuba dalla dittatura di Batista. Tra il 1955 e il 1956 Gino funge da staffetta tra Cuba e Messico grazie al passaporto italiano che non solleva sospetti alle frontiere. Come ex soldato ed ex partigiano, collabora agli addestramenti militari in Messico diretti da Fidel. Conosce Ernesto Che Guevara che, racconterà poi Gino, gli confida che se non avesse incontrato Fidel sarebbe emigrato in Italia per specializzarsi nella cura dell’asma. Il 25 novembre 1956 Gino è tra gli 82 volontari che sul Granma si imbarcano a Tuxpan con destinazione l’Oriente Cubano, Playas de las Coloradas, ai piedi della selvaggia Sierra Maestra. Dei 78 cubani, un argentino (il Che), un messicano e un dominicano, Gino è il più anziano e ha il grado di tenente nel Terzo Plotone ai comandi di Raúl Castro.
Nei giorni successivi allo sbarco, metà degli spedizionari del Granma vengono massacrati nel combattimento di Alegria de Pio, e i sopravvissuti si disperdono. Gino torna clandestinamente a Trinidad, dalla moglie, poi raggiunge Santa Clara, dove con Aleida March programma un attentato alla comandancia del generale batistiano della città. Al momento di lanciare esplosivi contro la residenza gremita di persone e bambini per le festività natalizie, Gino decide di soprassedere e spiega che “la rivoluzione si fa contro l’esercito, e non contro il popolo”, come proprio Aleida ricorda in un suo libro autobiografico. Ricercato dalla polizia batistiana, i capi del Movimiento 26 Julio impartiscono a Gino l’ordine di scappare, destinazione Messico e quindi Stati Uniti.
Dopo il Trionfo della Rivoluzione castrista, Gino tenta di ritornare a Cuba, ma non vi riesce per problemi burocratici. Divorzia da Norma e si risposa con la militante antimperialista portoricana Antonietta De La Cruz, cittadina statunitense abitante in Florida, più vecchia di quasi vent’anni.
Nel 1962, durante la crisi dei missili, Gino invia a Cuba una lettera in cui manifesta la volontà di tornare a combattere, ma non riceve risposta. Il segretario personale di Fidel, avvocato e spedizionario Jesus Sergio Montanè Oropesa, uno dei pochi ad aver segretamente mantenuto i contatti con Gino, lo invita ufficialmente all’Avana per la celebrazione del 39º anniversario dello sbarco del Granma.
Dopo avere abitato e lavorato in Florida, vedovo e senza figli, Gino rientra in Italia nel 2003. In Veneto ritrova molti compagni antifascisti conosciuti durante la Resistenza.
Il Primo maggio 2004 partecipa alla grande sfilata popolare dell’Avana durante la quale viene solennemente decorato. Nel 2005 ritorna ancora a Cuba, questa volta per girare il documentario Cuba Libre: el desembarco del Granma che un gruppo torinese di produttori e autori gli dedicano. Nel film è immortalato il momento in cui Fidel Castro e Gino si rincontrano e si abbracciano commossi.
Gino Donè Paro muore improvvisamente la sera del 22 marzo 2008 in una clinica di San Donà di Piave.
Al suo funerale parteciparono centinaia di persone provenienti da tutta Italia e alcuni rappresentanti dell’Ambasciata cubana che portarono quattro corone di rose rosse inviate dagli spedizionari del Granma superstiti, da Fidel e Raúl Castro.
Gino Donè e la sua storia sono stati ricordati il 20 ottobre, a San Donà di Piave.
Il cantautore Giovanni Giusto lo ha ricordato con questa sua bellissima canzone…