Intervista a Indira Fajardo, presidente dell’ICM
di Yira Hernández Gómez, 1° novembre 2021
Essere critici e autocritici costituisce una premessa indispensabile nel processo di miglioramento e perfezionamento dell’industria musicale cubana, soprattutto quando si osserva l’attualità e la realtà in un contesto atipico causato da una pandemia globale e in cui il gap tecnologico a livello internazionale aumenta ogni secondo.
Per quanto riguarda le avversità esterne, a Cuba tocca affrontare molte difficoltà e grandi sfide perché è un paese bloccato, sia per promuovere la sua musica sulle grandi piattaforme di marketing musicale online, sia per acquisire attrezzature aggiornate per lo sviluppo e l’aggiornamento della sua industria. Tuttavia, per evitare conformismo e rassegnazione, è necessario creare strategie efficaci per superare gli ostacoli. Il primo passo è individuare le crepe interne e risanarle in tempo per continuare a creare su una basi solide che ne permettano la cresscita.
Di queste crepe abbiamo parlato con Indira Fajardo, presidente dell’Istituto Cubano di Musica (ICM), una giovane donna con una visione oggettiva della realtà e con più di dieci anni di esperienza lavorativa nel settore della cultura, particolarmente rivolta alla gestione istituzionale, al lavoro artistico comunitario e all’educazione artistica musicale. Ha inoltre partecipato a diversi eventi nazionali e internazionali, come la recente Fiera Internazionale della Musica di Womex 2021, nella città portoghese di Porto.
D: Quali sono i punti deboli dell’industria musicale cubana oggi?
R: C’è un po’ di disarticolazione tra le istituzioni e stesse identità che compongono l’universo dell’industria musicale. Ecco perché il progetto UNIDO-Mincult è stato importante: perché in un certo senso ci ha permesso di fare una diagnosi dello stato reale dell’industria musicale cuban, ci ha dato una strategia di lavoro da seguire e, soprattutto, la possibilità di sederci tutti allo stesso tavolo a discuterne, con ognuno di noi che aveva chiaro il ruolo da svolgere.
Questa industria ha anche un ruolo sociale, perché la musica ha la responsabilità di soddisfare determinate esigenze. Include anche altri organi dell’amministrazione centrale dello Stato e altri enti esterni che si inseriscono, ad esempio, nella programmazione di determinati spazi a cui il pubblico accede o degli eventi da inserire nel turismo, oppure nella socializzazione dei prodotti musicali negli spazi di vendita.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è il miglioramento e la preparazione del personale che interagisce nell’industria musicale. Abbiamo molte o alcune persone che conoscono molto bene il loro lavoro, ma non possiamo dire che la formazione che abbiamo oggi per i professionisti della musica – mi riferisco ai livelli elementari dell’educazione artistica e al livello superiore – soddisfi una domanda o fornisca determinati spazi formativi affinché il musicista conosca le caratteristiche dell’industria. Lì abbiamo una carenza reale e stiamo attuando alcuni interventi in modo che i soggetti possano passare a un livello superiore, in modo da familiarizzare con questi temi.
Il soggetto che opera nel settore – quello che sarà a capo di un’agenzia o di un’azienda, oppure chi è a capo di un’istituzione culturale – deve essere preparato, come accade nel settore della cultura in senso generale. Molte volte le persone che lavorano nelle istituzioni non provengono dal settore culturale e questo le indebolisce. Spesso hanno comunque confidenza con l’ambiente culturale, ma se non sono formati, se non provengono da una carriera specifica, la loro azione finisce per essere limitata. Questo è un altro dei punti su cui dobbiamo lavorare con maggiore forza o in modo più sistematico: il sistema di addestramento e preparazione.
Un’altra premessa è stabilire determinate strategie per il mercato internazionale. Oggi non ci stiamo lavorando, non abbiamo una strategia di esportazione della musica o almeno coerente con il livello che la musica cubana meriterebbe nel mondo. Il reddito principale che deriva dall’esportazione di musica all’estero non proviene principalmente dalla gestione istituzionale, ma da ciò che i musicisti riescono a fare da soli. Ci stiamo lavorando, ma non siamo ancora in grado di articolare ciò che il musicista può fare da solo e ciò che può e deve fare l’istituzione. Dobbiamo far in modo che i due lavorino insieme per fare un unico prodotto affinché ne guadagni il mondo intero, e ne guadagni Cuba, che per noi è la cosa più importante.
D: Pensa che, all’interno del nostro sistema politico, l’industria musicale cubana potrebbe aderire alle nuove condizioni di mercato?
R: Credo di sì. Noi abbiamo la sfida di acquisire un’autonomia economica senza rinunciare all’essenza socialista e alla sovranità del Paese. Dobbiamo tenere le regole del mercato nella giusta considerazione e saperle articolare. A volte abbiamo avuto paura di parlare dell’esistenza di un mercato, e questo ha anche limitato la presenza e l’azione dei nostri enti, di certe persone che magari ne hanno la conoscenza, amano Cuba e vogliono acquisire valuta, ma che a volte limitano la propria azione come un tabù, perché non vogliono affrontare il mercato. Dobbiamo imparare ad adattiamo le regole di mercato al nostro contesto.
Negli ultimi mesi abbiamo lavorato con un piccolo gruppo per migliorare tutto ciò che ha a che fare con il sistema di gestione del business musicale. Abbiamo addirittura previsto come questo sistema di gestione aziendale debba interagire con i nuovi autori dell’economia cubana, come possa esprimersi in una piccola e media impresa, come possa ben relazionarsi con bar e ristoranti privati e con gli spazi del settore del lavoro autonomo. Il quale settore, necessariamente, deve oggi rinvigorire l’economia del Paese, in modo che la musica e i servizi culturali e artistici in generale abbiano un ruolo giuridico e consapevole, fondato sulla cittadinanza perché stanno fornendo un servizio. Mettere in gioco ciascuna di queste entità economiche che operano nella società cubana è assolutamente necessario. Ma è anche necessario sapere, una volta stabilite le regole del gioco, come possano contribuire all’economia cubana e al reddito nazionale, perché lo possono fare nella misura in cui sapremo sfruttare le potenzialità degli autori che, a beneficio della cultura stessa, possono darci risultati migliori. Non credo si debba temere il mercato, perché alla fine il mercato c’è lo stesso, che lavorino da soli o insieme con lo Stato, alla fine il mercato ci sarà comunque.
Quindi, una delle preoccupazioni o frustrazioni di cui a volte i musicisti hanno sofferto è che a Cuba – ha detto Israel Rojas – non si sia sviluppato un mercato interno abbastanza forte da permettere ai musicisti di vivere esclusivamente di quello, senza uscire in tour per ottenere un reddito con il quale poi vivere qui. Questo sarà sempre così, non facciamoci illusioni, perché siamo un paese bloccato e il blocco esiste anche su questo fronte: si creeranno sempre le condizioni affinché il musicista debba andare a cercare reddito all’estero per pagare ciò che potrebbe essere guadagnato a Cuba.
Ecco, dobbiamo elaborare una strategia migliore in modo che il mercato interno della musica si sviluppi e generi un reddito per i nostri musicisti. Perché è difficile credere che tutte le entità artistiche che esistono oggi vadano all’estero per guadagnare, perché non lo fanno e non lo faranno. Per questo è necessario sviluppare efficacemente un buon sistema interno, e non saranno solo le istituzioni statali o l’impresa statale socialista a dover partecipare, ma anche i nuovi autori che contribuiranno allo sviluppo economico del paese.
D: Quali cambiamenti dovrebbe considerare l’ordinamento giuridico che abbraccia le aree strategiche del settore musicale?
R: Deve cambiare la questione della contrattazione del musicista con le nostre aziende. Anche le modalità di gestione dell’impresa devono cambiare, soprattutto nel rapporto dell’artista con l’ente, un rapporto che oggi è segnato perché l’impresa deve soddisfare determinati bisogni di quell’artista, oppure assumersi certe responsabilità nei confronti di quell’artista, al quale viene poi scontata una percentuale per la rappresentatività dell’azienda. Vanno modificati i meccanismi di rappresentazione e certe modalità di relazione tra l’artista e l’impresa. Fermo restando che la compagnia rappresenta l’artista nella misura in cui ha reali possibilità di rappresentarlo, che non è in un quadro generale, come abbiamo detto, anche perché poi alla fine spesso è l’artista che deve assumersi certi oneri come il trasporto, il noleggio degli impianti, degli strumenti e tutto il resto.
Un modo ci sarebbe: una modifica del rapporto contrattuale tra l’artista e le compagnie e, addirittura, della percentuale di negoziazione. Occorrerebbe anche cambiare le modalità con cui oggi vengono gestiti dalle istituzioni tutti i termini di valutazione artistica, tutto ciò che è legato all’analisi qualitativa dell’artista stesso.
Oggi stiamo pensando alla creazione di un nuovo principio, cioè del registro dei professionisti della musica, che aiuterebbe ad avere una visione molto più generale e armonica del vero corpus di artisti professionisti che lavorano nel settore, e che darebbe anche una migliore distribuzione di opportunità per tutti. Tutto diventerebbe per lo Stato un soggetto economico che deve versare i suoi contributi come un qualsiasi cittadino, ma avrebbe un supporto legale che oggi si ha solo se si appartiene ad una società o ad un’agenzia di rappresentanza. Sarebbe un grande cambiamento per l’industria musicale a Cuba.
Pensiamo che possa essere un passo davvero rivoluzionario perché metteremmo il professionista in una posizione di responsabilità davanti alla società e alle stesse istituzioni, perché la necessità di essere bravo ricade anche su di lui, di voler far parte di una compagnia o semplicemente avere uno spazio autonomo di gestione della sua entità artistica e contemporaneamente contribuire a questo Paese.
Articolo originale tratto da La Jiribilla: Industria musical cubana: entre il deber ser y la realidad