di Onedys Calvo e Marjorie Peregrín, Cubadebate, 9 novembre 2022
Traduzione a cura del Centro Studi Italia Cuba
Nel mese di novembre, nella capitale cubana, si è celebrata Habana Clásica, evento culturale di eccellenza diretto da Marcos Madrigal, pianista sempre innamorato della possibilità di tornare all’Avana per invaderla tutta di concerti con sonorità provenienti da tutte le parti del mondo.
Circa 50 artisti tra solisti, registi e gruppi musicali, di teatro e danza in rappresentanza di Germania, Canada, Cuba, Stati Uniti, Spagna, Olanda, Italia, Regno Unito, Russia, Svezia e Svizzera si sono riuniti in questa festa che ha coinciso con i festeggiamenti per il 503º anniversario della fondazione della città.
Per saperne di più di Habana Clásica, delle sue ispirazioni e della sua importanza, abbiamo parlato con Marcos Madrigal, artefice di questo festival che celebra la vita e la musica.
Quali sono i budget con cui è stato concepito Habana Clásica e come li ha mantenuti fino ad arrivare a questa quarta edizione, che si celebra dal 5 al 20 novembre?
– Habana Clásica è nata come festival di musica da camera, ma dalla seconda edizione è diventata una sorta di piattaforma interdisciplinare. L’idea era quella di far dialogare le arti e, soprattutto, far vivere i processi creativi in quelle due settimane in cui L’Avana si riempie di musicisti da tutte le parti del mondo per interagire con i musicisti cubani.
Questa grande festa cominciò a unire il teatro, la danza, le arti plastiche, le arti visive, e a sviluppare piani pedagogici, cioè master class, lavoro sociale, e divenne più di un festival di musica o di arti, diciamo che è diventata una festa, Ma che si differenzia dagli altri festival per il suo grande carico di lavoro pedagogico e soprattutto di impatto sociale, perché cerchiamo di portare la musica in altre realtà che non siano solo le sale da concerto.
La quarta edizione di Habana Clásica è dedicata in particolare a Brindis de Salas. Perché lo hanno scelto? Quali sono le iniziative che ci permetteranno di avvicinarci al celebre violinista cubano?
– Brindis de Salas è, a mio parere, uno dei più importanti interpreti della storia della musica a Cuba e uno dei più importanti nel mondo. Ho sempre pensato che fosse una figura a cui abbiamo tributato poco, o non tutto quello che si merita. È stata data la possibilità di riunire un numero incredibile di violinisti, che è molto difficile da trovare in un festival nel mondo, io ancora non ci credo! Quindi è giunto il momento giusto per dedicare il festival a questo musicista.
Mi riferisco al violinista Dmitry Sitkovetsky, una delle leggende vive della storia della musica, ed è una possibilità incredibile averla non solo nelle sale da concerto, ma anche nelle master class, nelle strade della nostra città condividendo le loro storie; poi ancora Linus Roth, dalla Germania; Tijmen Huisingn, olandese; Brusk Zanganem, nato a Stoccolma, ha radici curde e si è specializzato nel mescolare la musica dell’Europa orientale con il repertorio accademico; Lissy Abreu, che torna a Cuba.
È una festa del violino e della musica da camera, perché ci sono anche molti musicisti invitati, e mi sembrava il contesto perfetto per rendere omaggio al nostro Brindis de Salas.
Quando si parla di Brindis de Salas, si conoscono le sue disavventure vissute in Europa e il modo in cui è morto, soprattutto perché era un interprete nero. In che modo il festival affronta questa figura da questa prospettiva? Quali iniziative farà per rendergli omaggio?
– Abbiamo iniziato con un omaggio al compositore dopo il concerto inaugurale, è stata una sorta di performance teatrale svoltasi nella chiesa dove si trovano le sue spoglie. Con l’aiuto di Luis Ernesto Doñas, direttore di teatro, due attori di El Público, diversi fra altri interpreti invitati al festival e un percussionista che ha lavorato a Buendía, abbiamo dedicato a Brindis de Salas un omaggio in cui anche il pubblico è stato protagonista.
Abbiamo ricreato e rievocato l’opera di Brindis de Salas, la tappa di gloria in Europa e anche la fine della sua vita a Buenos Aires, in Argentina. È una storia molto triste, ma molto romantica del XIX secolo. Un momento molto bello per iniziare questa festa del violino a Cuba.
L’evento ci porta il piacere di assistere di nuovo a concerti in presenza dopo un tempo così difficile causato dal covid-19, come è stato possibile organizzare un evento di tale portata nello scenario in cui vive oggi il mondo?
– È un po’ complicato. Per gli artisti, sono stati anni difficili, di incredibile complessità, ed è già difficile organizzare un evento con musicisti che hanno una carriera internazionale come quelli che stanno arrivando all’Avana, che, di solito, vengono pianificati con due o tre anni di anticipo (perché non è facile trovare nella loro agenda una settimana in cui non solo sono liberi, ma che decidono di donare questa settimana all’Avana, questo perché tutti loro vengono a suonare gratuitamente).
Inoltre, in Europa, che è il circuito che conosco meglio, i festival sono programmati già da un mese prima, perché non si è ancora ripreso il ritmo che il mondo aveva prima del 2020. Tutte queste questioni fanno sì che creare un evento come questo, organizzarlo, è come combattere contro mulini a vento, praticamente. Possono succedere tante cose: che artisti che hanno una grande carriera, che si trovano con meno lavoro, ti dicano di sì, ma se il lavoro inizia a fluire con il ritmo che aveva prima possono dire poi il contrario, anche se avevano già preso l’impegno. Ci sono molti dettagli organizzativi che lo rendono difficile nella situazione attuale.
Dicevi che sono artisti che vengono a suonare gratuitamente e vengono con una motivazione specifica, della quale tu ne sei grande protagonista. Come fai a convocarli, esattamente?
– L’Avana è un luogo magico, è molto difficile che chi la conosce non si innamori, e chi non l’ha mai visitata non vede l’ora di conoscerla. Influisce molto anche ciò che è successo nelle altre edizioni, il modo in cui gli artisti hanno dialogato con il pubblico, con gli artisti cubani. Molti degli artisti che portiamo al festival non hanno mai suonato insieme, e Habana Clásica dà loro la piattaforma per un nuovo processo creativo tra di loro.
È una delle caratteristiche del festival, perché noi non prepariamo i concerti molto tempo prima, ma durante la stessa settimana in cui il festival si sviluppa i musicisti si incontrano e preparano i concerti, non solo quelli con le orchestre, ma anche quelli da camera.
Alcuni musicisti sono tornati anche in questa quarta edizione che, come hai detto, è come un laboratorio per la creazione.
– Esatto, questo ha fatto sì che si crei una famiglia all’Avana di cui si innamorano tutti, per questo motivo ciò che mi succede di solito è che devo scegliere tra tutti chi portare. Tutti vogliono tornare e ci sono molti nuovi musicisti che dopo aver conosciuto la proposta sono curiosi, perché per un artista classico il circuito è importante. Avere musicisti come Willen Stam, violoncellista, e Jona Venturi, flautista, allo stesso festival, è raro. Quindi, penso che sia merito dell’Avana, e non il mio. L’Avana ha un grande ruolo in quella magia, quella atmosfera speciale che abbiamo qui.
C’è anche qualcosa che ci unisce. Quando siamo ad Habana Clásica entriamo in contatto con altre realtà, che non sono le stesse con le quali ci troviamo spesso a lavorare, c’è un feedback verso l’artista, che è molto importante e profondo. Non è la stessa cosa suonare per i bambini che hanno malattie gravi o per gli anziani che sono soli. Penso che sia importante che noi musicisti classici, che viviamo in un circuito che è come una specie di bolla, uscirne, dai festival, dai concerti, e comprendere che con la musica possiamo fare del bene anche ad altre persone, non solo per il pubblico che viene in una sala da concerto.
Siamo molto abituati alla liturgia del concerto, alla fama, ed è molto interessante che per molti di questi importanti artisti è la prima volta che si trovano all’interno di un ospedale per suonare musica classica, ed è la prima volta che portano uno strumento, come è successo quest’anno in cui abbiamo deciso di portare le tube in un reparto pediatrico di un ospedale. Penso che sia importante che questi bambini (molti non hanno nemmeno una speranza di vita alta) possano avere esperienze che noi possiamo dargli e che non siamo abituati a fare.
È singolare anche il modo di interagire con il pubblico dell’Avana, perché facciamo concerti anche nelle piazze. Ci sono molte caratteristiche di Habana Clásica che sono un po’ diverse da quelle dei festival in cui solitamente lavorano i musicisti del circuito europeo. Credo che sia l’unione dell’eccellenza dei musicisti, che qui riunisce orchestre e solisti incredibili. Ci sono molte ragioni per cui un musicista classico si innamora di questo festival.
E il pubblico dell’Avana conosce già le celebrità che frequenta Havana Clásica o ne gode in modo più intuitivo?
– C’è una grande parte del pubblico cubano che è contemporaneamente assiduo frequentatore e insieme artista. Ci sono molti musicisti che vengono ai concerti, ci scrivono tutto il tempo ringraziandoci sorpresi per la sorpresa di poter ascoltare questi artisti a Cuba. Ma ci sono molte persone che vengono a un concerto di musica classica, e penso che sia lì che avviene la magia più ricca, che possono semplicemente sognare, possono staccare la spina dalla loro vita quotidiana e viaggiare insieme ad un artista (non deve essere necessariamente famoso) ma che sicuramente può toccare fibre molto interessanti, perché penso anche che un artista che decide di sospendere i suoi impegni e regalare a un pubblico, in qualsiasi parte del mondo, una o due settimane del suo tempo, è già un artista speciale. Tutta questa sensibilità quando si suona uno strumento viene fuori a fior di pelle, si diffonde nel canale di comunicazione, e penso che sia quello che succede.
Uno degli scopi di questo festival è quello di favorire l’educazione artistica come parte di quei laboratori di creazione, a cui sono costantemente invitati studenti, musicisti agli esordi della carriera, che cosa sottolineeresti di questa edizione a riguardo?
– È un grande risultato di questa edizione il fatto di essere meglio strutturata. Abbiamo imparato in ciascuno dei festival precedenti sull’organizzazione delle masterclass. Per la prima volta, invece di far arrivare gli studenti al Centro Storico, abbiamo deciso di portare gli artisti nella realtà in cui gli studenti si formano. Avremo molti musicisti all’interno dei conservatori, all’interno dell’ISA e alcuni anche nell’ambiente dell’Avana Vecchia.
Questo ci aiuta a coprire un margine nell’insegnamento artistico molto più ampio, perché avremo master class a livello elementare, a livello medio, a livello superiore, e avremo un incontro con Nicola Sani, uno dei due compositori in residenza.
Che cosa è un compositore in residenza?
– Sono compositori ai quali il festival dedica gran parte della programmazione che realizzano opere prime o scrivono opere per i solisti invitati. I compositori in residenza quest’anno sono Nicola Sani, italiano, direttore artistico dell’Accademia Chigiana a Siena, vicedirettore artistico della Scala di Milano, persona di grande influenza intellettuale nel mondo musicale europeo, e Juan Piñera, un grandissimo compositore cubano, che dirige il Dipartimento di Composizione dell’Istituto Superiore d’Arte.
Quest’anno Nicola Sani, come parte dei processi pedagogici strutturati nel festival, terrà due corsi. Uno sulla gestione culturale, perché penso che dobbiamo approfittare della sua presenza all’Avana per imparare, perché è riuscito a riprendere l’Accademia Chigiana quando stava scomparendo, ha creato l’archivio Scelsie a Roma e l’archivio Verdi di Parma. È un’opportunità unica per gli studenti interessati agli studi musicali, e non solo ai musicisti stessi. Offrirà anche un corso di composizione musicale.
Al festival avremo lezioni di violino, pianoforte, violoncello, corno e flauto per tutti i livelli di insegnamento, e incontri con intellettuali. È molto ben strutturato e esorto gli studenti a seguire le reti e a cercare informazioni sulle master class, perché non si impara solo suonando. Per alcune classi, i conservatori stanno facendo audizioni o concorsi per scegliere a chi dare la possibilità, ma si impara anche molto ascoltando le master class.
Io imparo ancora moltissimo con ciascuno degli interpreti, e invito gli studenti non solo a venire a vedere questi grandissimi maestri e interpreti, ma ad ascoltare e imparare da questi incontri.
Ci colpisce la presenza di diverse manifestazioni artistiche. Come confluiscono la danza, il teatro, la musica in Habana Clásica?
– È qualcosa che amo del festival, perché essere in contatto con altre espressioni artistiche, vivendo quasi tutto l’anno esclusivamente nel mondo musicale, è un privilegio per me. Quest’anno abbiamo uno spettacolo per celebrare il decimo anniversario della compagnia Malpaso, che ho sempre ammirato nel nostro ambiente di danza contemporanea. È uno spettacolo con musica dal vivo, con i nostri solisti e con quattro coreografie, di cui due sono novità e due sono riproposte. Abbiamo musica di compositori cubani e coreografie di Ohad Naharin e coreografi abituali o stabili della compagnia.
Abbiamo anche avuto la novità di collaborare con la compagnia Teatro de Las Estaciones, che svolge un lavoro di estrema bellezza, a mio parere, e per il pubblico habanero è stata l’opportunità di goderne in uno spettacolo unico. Uno spettacolo teatrale per bambini e per tutta la famiglia che è partito dal concetto di un concerto.
È ormai una nostra tradizione inaugurare con lo stesso spettacolo o concerto che chiude il Festival di Musica Contemporanea dell’Avana. In questo caso, si è trattato di un concerto con musica dei compositori in residenza, Juan Piñera e Nicola Sani, di compositori contemporanei cubani come Guido López Gavilán, Roberto Valera, Carlos Fariñas, con un cast di stelle che solo a Cuba può essere riunito: Niurka González, Guido e Aldo López Gavilán, Lissy Abreu e Emanuele Quaranta, che ha diretto le opere di Brindis de Salas e realizzerà un progetto pedagogico con il Conservatorio Amadeo Roldán.
Alla chiusura, il 20 novembre, avremo anche questa fratellanza tra festival con il Mozart Habana. È molto interessante concettualmente che inauguriamo con un concerto di musica contemporanea e chiudiamo il festival con uno di musica classica, non solo accademica, ma del periodo classico, che sarà musica di Mozart e di un contemporaneo ceco.
Come possono gli interessati al festival avere informazioni sui concerti?
– Per trovare il programma, basta digitare Habana Clásica su Google e esce la pagina ufficiale, in cui è possibile scaricare il programma del festival. Ci possono seguire nelle reti, tutte si chiamano Habana Clásica, o in quelle del Gabinetto del Patrimonio Musicale Esteban Salas. Su Twitter, Instagram e Facebook possono accedere ad ogni informazione sui nuovi eventi che stiamo per celebrare, con mettere Habana Classica trovano tutte le informazioni.
Hai nominato il Gabinetto del Patrimonio Musicale Esteban Salas. Vorremmo che ci dessi le tue considerazioni sul lavoro di questa istituzione, che celebra il suo decimo anniversario e organizza l’Habana Clásica.
– Il Gabinetto è l’anima di Habana Clásica, funziona con molta professionalità e profondità. Da quando ho avuto questa idea, ho pensato a Miriam Escudero come la persona ideale. La maggior parte dei festival nel mondo sono organizzati da produttori o promotori. Habana Clásica e l’Incontro dei Giovani Pianisti invece sono organizzati da un team di musicologi, storici dell’arte e promotori, e ciò è molto interessante anche per gli artisti quando arrivano a lavorare con gli specialisti del Gabinetto, diventa un tipo di dialogo, di percorso che arricchisce molto l’artista.
Ci vuole molta buona volontà in tutti i festival e le persone giuste che lavorano per far funzionare il tutto; qui uno specialista del Gabinetto può aiutarti a far funzionare il concerto, perché ha esperienza, equilibrio, oppure può passarti pagine di un’opera poiché è pianista e allo stesso tempo può dare dati musicologici. Inoltre, con i loro 10 anni di esperienza, sono riusciti a capire cosa significa gestire un processo o una manifestazione artistica.
Davvero, sono molto fortunato, è stato un privilegio che Miriam abbia accolto questa proposta fin dalla prima edizione, ‘la mia follia’, come la chiamiamo sempre, o ‘la mia bambina’, che è Habana Clásica, e che, in qualche modo, almeno per quanto riguarda il festival, sento che siamo cresciuti insieme, perché incredibilmente i membri del Gabinetto che hanno fondato il festival sono gli stessi che oggi organizzano la quarta edizione, ed è così bello vedere come ogni volta impariamo insieme e scopriamo nuovi errori, Perché è molto difficile convocare e organizzare un evento di questa portata.
È come con le opere d’arte: ogni volta che ci si avvicina ad essa si scopre una finestra che non si era mai aperta e che ci sono sempre nuovi abissi dove si può cadere. Con Habana Clásica è successo questo. Mi trovo oggi, dopo dieci anni, insieme ad un team maturo che sa gestire un evento come questo con tutta questa freschezza, questa energia che sembra quasi adolescenziale.
Da quando ci siamo ritrovati pochi giorni fa, quando sono arrivato all’Avana, siamo stati tutti emozionati come se fosse la prima volta, perché posso vedere il bagliore in ognuno di loro e questo è qualcosa di molto speciale. C’è un legame tra umanità, professionalità ed esperienza. È un’organizzazione di eccellenza nel nostro paese.
Se ti chiedessimo di raccomandare al pubblico alcuni dei concerti organizzati in questi giorni di novembre, quali sceglieresti?
– Scegliere i concerti è molto difficile per un direttore artistico, perché ho visto nascere ognuna di queste proposte. Una cosa che mi piace di Habana Clásica è che i programmi non sono concerti di un singolo musicista, ma sono collettivi e gli artisti che sono presenti in quella settimana partecipano a tutti gli eventi. Questo fa sì che la cura musicale possa davvero costruire un’idea con una forza dietro il viaggio che vuoi regalare al pubblico.
Vorrei invitarvi ad unirvi a noi per tutto il festival. Ci sono punti fissi nel festival, e sono le sale da concerto. Se puoi venire giovedì e sabato, vai alla Basilica Minore del Convento di San Francesco d’Assisi, alle 6:00 p.m. Se è un venerdì, vai alla Ignacio Cervantes. Se è domenica pomeriggio, all’Oratorio San Filippo Neri. Penso che sia un modo molto interessante per avvicinarsi al festival e godere di musica eccezionale eseguita da musicisti incredibili, con molta gioia e voglia di fare musica e arte insieme.
Sei un habanero che ha vissuto all’estero e ha fatto parte di quel mondo della fama della musica classica internazionale per 20 anni, perché questo atto di fede nel tornare all’Avana? Perché mettere L’Avana e gli Habaneros in dialogo con questi grandi artisti della musica classica?
– Sento che è un dovere. Sono nato in questa città e a lei devo ciò che sono. Tutto il mio bagaglio parte dalla realtà dell’Avana e penso che se noi, che siamo i suoi rappresentanti, non facciamo una cosa del genere per lei, nessuno lo farà. Più che un atto di fede, è mio dovere come habanero. La mia realtà è l’ambiente classico internazionale, ed è incredibile poterla portare a Cuba.
Articolo originale: Habana Clásica, más que un acto de fe
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