GLOSSARIO

Perché un glossario? Che bisogno c’era di ripetere qui un dizionario dei termini, con tutti quelli disponibili su Internet?
Una prima risposta, di ordine molto pratico, è che questo non è un dizionario, ma una piccola selezione di termini, forse un po’ speciali, che si possono incontrare nei contenuti di questo sito, e soddisfa quindi un eventuale semplice requisito di comodità.
Ma la vera risposta, quella che ci sta più a cuore e che soddisfa invece un bisogno soprattutto nostro, è che offrendo l’esposizione “standard” del significato, quello preso a prestito da autorevoli dizionari, noi speriamo di riuscire a “insinuare” che, pur nella perfetta tassonomia di illustri vocabolari, esista infine qualche significato che noi purtroppo lasciamo indietro e che rischiamo di perdere per sempre. Noi sentiamo forte la necessità di “disambiguare” alcune particolari parole o, quanto meno, di paventare l’esistenza di significati “non scontati”, diversi da quelli su cui normalmente ci adagiamo…
Se la nostra civiltà occidentale e il nostro modo di essere sono caratterizzati dell’efficienza, dall’ideologia “del fare” e dalla convinzione di perseguire una seppur perfettibile idea di progresso, non è così scontato che siano l’unica civiltà e l’unico modo di essere possibili. E i più giusti.
La linguistica, forse, è la disciplina che sentiamo più affine a questi che noi ci siamo posti come obiettivo e ambizione. La linguistica ha come scopo la comprensione e la definizione delle caratteristiche del linguaggio attraverso l’analisi delle lingue del mondo, ma non è una disciplina scientifica, bensì umanistica, e studia il linguaggio umano nel passato e nel presente, nelle diverse zone del mondo. Il linguista, dunque, possiede una conoscenza delle modalità espressive dell’uomo che non si limita all’aspetto comunicativo, ma ingloba tutto il patrimonio esperienziale e culturale dei popoli della terra.
Come Centro Studi, non ci stancheremo mai di ripetere che la nostra massima ambizione – che speriamo di vedere riflessa nei contenuti di questo sito – è offrire una chiave, uno strumento di decodifica per “intuire” altri possibili modi di essere, per superare gli schemi imposti dai nostri “confini culturali”, per immedesimarci nel vissuto e nell’esperienza di altri popoli della terra per capire meglio il nostro. Solo cercando di percorrere questa esperienza, crediamo, potremo sentirci davvero fratelli, e i confini tra le nazioni, allora, non c’entreranno proprio nulla.

ANIMISMO
1. Dottrina fisiologica, sorta in reazione alla iatrochimica e formulata da G. E. Stahl (1660-1734), secondo la quale tutti gli atti della vita organica dipenderebbero direttamente dall’anima e, in particolare, il decorso delle malattie risulterebbe dalla lotta fra gli agenti morbosi e l’anima stessa. 2. In antropologia culturale, concezione della realtà, tipica delle religioni dei popoli primitivi, che attribuisce un’anima alle cose del mondo esterno. Il termine è anche adoperato come sinononimo, più comune, di animatismo, e riferito per estensione a qualsiasi atteggiamento che attribuisce anima e sensibilità alle cose esterne.

ESOTERISMO
[derivato di esoterico] – Carattere esoterico: l’esoterismo di una dottrina, degli antichi misteri. Più particolarmente, norma religiosa che vieta di rivelare, a chi non sia iniziato, certe parti segrete di un rito o di una dottrina religiosa.

MITO
1. Narrazione fantastica tramandata oralmente o in forma scritta, con valore spesso religioso e comunque simbolico, di gesta compiute da figure divine o da antenati (esseri mitici) che per un popolo, una cultura o una civiltà costituisce una spiegazione sia di fenomeni naturali sia dell’esperienza trascendentale, il fondamento del sistema sociale o la giustificazione del significato sacrale che si attribuisce a fatti o a personaggi storici; con lo stesso termine si intende anche ciascuno dei temi della narrazione mitica in quanto trattati ed eventualmente rielaborati in opere letterarie o filosofiche. 2. Rappresentazione ideale o ideologica della realtà che, proposta in genere da una élite intellettuale o politica, viene accolta con fede quasi mistica da un popolo o da un gruppo sociale: il m. positivistico del progresso; il m. della purezza della razza nel nazionalsocialismo; abbattere, far crollare un mito. 3. Desiderio o speranza ritenuti irrealizzabili; sogno, utopia: il miglioramento della situazione è, almeno per ora, un m.; il calo dell’inflazione si è rivelato un mito. Soggettivamente o polemicamente, possono essere definite come mito in questo senso limitativo anche alcune di quelle idee che per altri hanno o hanno avuto un valore simbolico-religioso, in quanto ritenute prive di validità razionale e di carattere pratico: il m. dell’uguaglianza sociale, il m. del benessere universale.

RELIGIONE
1. a. Complesso di credenze, sentimenti, riti che legano un individuo o un gruppo umano con ciò che esso ritiene sacro, in particolare con la divinità: la r. è un sentimento innato negli uomini; i rapporti fra la morale e la r.; si volse [Numa] alla r., come cosa al tutto necessaria a volere mantenere una civiltà (Machiavelli); r. positiva, rivelata; r. naturale, che si ritiene conforme alla natura e alla ragione umana, costituita da alcune nozioni semplici e universalmente accessibili: esistenza di Dio, immortalità dell’anima, alcune leggi morali essenziali (la teologia cattolica distingue la r. naturale come acquisizione della ragione umana dalla r. soprannaturale fondata sulla rivelazione da parte di Dio di verità inaccessibili alla ragione umana nello stato presente). Con uso più ristretto, nel linguaggio com., il rispetto e il timore stesso della divinità e dei principî religiosi: è un uomo senza r.; non ha r.; non c’è più r., anche scherz. e fig., di situazioni o fatti che suscitano riprovazione. b. Il complesso dei dogmi, dei precetti, dei riti che costituiscono un dato culto religioso: fondare, istituire, insegnare, diffondere, predicare una r.; abbracciare, osservare, abiurare, rinnegare, spregiare una r.; i dogmi, i precetti, i comandamenti, i consigli della r.; molte r. orientali sono basate sul culto dei defunti. Determinando: la r. cristiana, cattolica, giudaica o israelitica, maomettana o musulmana, buddistica, ecc.; r. monoteistiche e politeistiche, antropomorfiche, naturalistiche; r. di o dello stato, riconosciuta e tutelata nel diritto di varî stati antichi e moderni (e con riferimento a una particolare religione ufficialmente riconosciuta, anche con uso assol. nelle espressioni scolastiche: l’insegnamento della r. e l’insegnante di r.; l’ora di religione, e sim.); guerre di religione, combattute per contrasti religiosi e, in partic., quelle esterne o interne tra stati o partiti e movimenti cattolici e protestanti, o riformati, dell’Europa centro-occidentale della seconda metà del Cinquecento e del Seicento; storia delle r., scienza delle r., filosofia della r., discipline moderne che studiano le religioni, o la religione, nella loro fenomenologia e nello sviluppo storico. c. letter. Rito religioso: Fu quindi Religïone di libar col lattee cantar gl’inni (Foscolo). 2. Nel diritto canonico, denominazione tradizionale (oggi sostituita con istituto di vita consacrata) di una società riconosciuta dall’autorità ecclesiastica, i cui membri (detti religiosi) siano legati dai voti pubblici di povertà, castità, obbedienza, secondo le norme della società stessa, allo scopo di realizzare la perfezione evangelica e di condurre opera di apostolato: comprende sia l’ordine sia la congregazione, ma nell’uso ant. indicava solo l’ordine e inoltre, con sign. più concreto, lo stesso monastero o convento: nondimeno se n’andarono a una r. di frati (Boccaccio). In religione, locuz. premessa al nome assunto da un religioso (del clero regolare e di ordini particolari) in sostituzione del nome civile: Alessandro Rossi, in r. padre Romualdo. 3. fig., letter. o elevato. Venerazione, profondo rispetto, devota osservanza: la r. dei sepolcri, delle tombe, delle memorie familiari, del dovere, della patria, dell’arte, del bello; la r. della libertà (B. Croce); quindi, la santità e maestà della cosa stessa venerata: la r. del giuramento era profondamente sentita dai Romani; la r. del segreto, della promessa; più raram., scrupolo religioso, sentimento di religiosità: almen l’antica Religïone del bel loco io sento (Foscolo). In usi enfatici, nella locuz. avv. con religione, con grande scrupolo e con devoto raccoglimento: ascoltò con r. le parole del vecchio sacerdote; custodite con r. queste memorie; visitava con r. le antiche rovine di Roma.

SCIAMANO
[dall’ingl. shaman, adattam. del tunguso samān che è prob. dal pali samana (sanscr. śramana) «prete buddista», attrav. il cinese sha men] – 1. Individuo che, in seguito a un processo d’iniziazione che si avvia in genere nell’età puberale, acquisisce la conoscenza di pratiche di meditazione e di tecniche volte al raggiungimento di stati di estasi (per es., in seguito a rituali di danza ritmata al suono di un tamburo o di altri strumenti musicali o anche attraverso l’assunzione di sostanze allucinogene) e assume all’interno della propria comunità il ruolo di tramite con le entità soprannaturali come gli spiriti del cielo o degli inferi, le anime dei defunti, ecc., con le quali egli giunge a identificarsi attraverso la possessione acquisendo, grazie a ciò, eccezionali facoltà taumaturgiche e divinatorie. 2. Per estens., in usi scherz., individuo che gode di particolare potere carismatico e influenza all’interno di una comunità grazie alla capacità di circondare i suoi gesti e le sue parole di un’aura di mistero e di ispirazione soprannaturale: un cantante rock considerato come uno sc. dai suoi fans; quel famoso cardiochirurgo ha modi da sc. con i suoi pazienti.

SIMBOLO
[dal lat. symbŏlus e symbŏlum, gr. σύμβολον «accostamento», «segno di riconoscimento», «simbolo», der. di συμβάλλω «mettere insieme, far coincidere» (comp. di σύν «insieme» e βάλλω «gettare»)] – 1. Nell’uso degli antichi Greci, mezzo di riconoscimento, di controllo e sim., costituito da ognuna delle due parti ottenute spezzando irregolarmente in due un oggetto (per es., un pezzo di legno), che i discendenti di famiglie diverse conservavano come segno di reciproca amicizia. 2. fig. a. Qualsiasi elemento (segno, gesto, oggetto, animale, persona) atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile, ma capace di evocarla attraverso qualcuno degli aspetti che caratterizzano l’elemento stesso, il quale viene pertanto assunto a evocare in partic. entità astratte, di difficile espressione: il focolare è s. della famiglia; la palma è s. del martirio; la volpe è s. dell’astuzia, il leone della forza, il cane della fedeltà, la colomba della pace; in Dante, Ulisse diventa il s. dell’ansia di conoscenza; eroe, personaggio che assurge a s., che assume valore di s., elevato a s. (di una nazione, di un’idea, di un carattere, di una tendenza, ecc.). Con riferimento a città, stati, movimenti, partiti e sim., segno distintivo e rappresentativo: il giglio è il s. di Firenze; la croce è il s. del cristianesimo; il panda è il s. della fondazione WWF. b. Nella scienza giuridica, ognuna di quelle formalità rituali che, spec. nelle civiltà più primitive, servono a costituire la celebrazione dei negozî giuridici. Analogam., con riferimento a fenomeni religiosi e culturali, ogni funzione rituale la cui realtà è sentita dai fedeli come simbolica dell’arcano essere divino. c. In psicanalisi, la rappresentazione figurata di un contenuto (desiderio, conflitto, ecc.) inconscio e latente. d. In semiologia, secondo la terminologia di Ch. S. Peirce (1839-1914), segno il cui significante è in rapporto puramente convenzionale con la cosa significata, alla quale si collega in virtù di una regola costante, e in genere nota e accettata dai più (per es., la bilancia come simbolo della giustizia), a differenza delle icone che hanno rapporto di somiglianza con la realtà esterna, e degli indici che sono con questa in rapporto reale o di «contiguità». 3. Segno grafico, lettera o gruppo di lettere, assunti per convenzione in varie discipline a indicare determinati elementi, enti, grandezze, strumenti, operazioni e sim.: π è il s. matematico che indica il rapporto fra la lunghezza di una circonferenza e la lunghezza del diametro. In partic.: a. In cartografia, ciascuno dei segni convenzionali usati per rappresentare su una carta topografica, geografica, ecc., gli elementi naturali (monti, laghi, fiumi) o antropici (case, ponti, città), generalm. riportati e spiegati in apposita leggenda. b. In chimica, notazione di un elemento chimico formata di solito dalla prima lettera, eventualmente seguita da un’altra, del suo nome latino o latinizzato (come, per es., Cu, simbolo del rame, detto in latino cuprum). Hanno valore simbolico anche molti altri segni usati nella notazione di reazioni o in formule di struttura. Così, in partic., + in alto a destra del simbolo di un elemento o di un radicale indica che esso risulta elettricamente positivo, cioè è un catione, e con due o più segni + o, meglio, con 2+, 3+, ecc., si indicano più cariche positive; analogam. il segno indica cariche negative. Il segno posto tra due elementi indica l’esistenza di un legame semplice; il segno = l’esistenza di un legame doppio, triplo, come, per es., in CH3CH2CH3, CH2=CH2, CHCH, formule di struttura, rispettivam., del propano, dell’etilene e dell’acetilene. Il segno indica il senso nel quale avviene una reazione, →s indica che la reazione può procedere sia verso destra sia verso sinistra, cioè che è reversibile e che si stabilisce un equilibrio tra i componenti del sistema reagente. Per le lettere greche α, β, γ, ecc., usate come simboli, v. i singoli nomi con cui sono chiamate: alfa, beta, gamma, ecc. c. In cristallografia, s. cristallografici, l’insieme degli indici che permettono di determinare la posizione della faccia di un cristallo oppure la sua forma semplice: così, nel sistema monometrico, i simboli delle facce del cubo saranno (100), (010), ecc., mentre la forma avrà per simbolo {100}. d. In informatica, carattere o insieme di caratteri che rappresenta per convenzione una quantità, un dato, un’istruzione, un’operazione o un processo. S. d’informazione o di controllo, lo stesso che cifra d’informazione o di controllo (v. cifra, n. 4). e. In logica, s. logico, segno usato per rappresentare un operatore logico (negazione, congiunzione, disgiunzione, quantificatore universale, ecc.). f. In musica, ciascuno dei segni convenzionali (per es., chiavi, pause) indicanti toni, valori, interruzioni di suoni, ripetizioni e sim. 4. a. Nelle religioni misteriche, la formula che, come motto, serviva di riconoscimento tra gli iniziati. b. Nella religione cristiana, il compendio delle fondamentali verità di fede che il candidato al battesimo (o, in sua vece, il padrino o la madrina) deve recitare come segno e manifestazione della propria fede e che deve sempre osservare come norma universale di vita: s. apostolico, quello recitato dal battezzando nei primi tempi della Chiesa, così detto perché si credeva composto dai dodici apostoli; s. atanasiano (o Quicumque, dalla prima parola), così detto perché attribuito per molto tempo a s. Atanasio, conservato ormai solo nell’ufficio divino; s. niceno-costantinopolitano, il simbolo più complesso, cioè il Credo recitato nella messa, risalente indirettamente ai simboli dei concilî di Nicea (325) e di Costantinopoli (380).

SOCIETÀ
[dal lat. sociětas -atis, der. di socius «socio»] – 1. In senso ampio e generico, ogni insieme di individui (uomini o animali) uniti da rapporti di varia natura e in cui si instaurano forme di cooperazione, collaborazione, divisione dei compiti, che assicurano la sopravvivenza e la riproduzione dell’insieme stesso e dei suoi membri: la s. umana o l’umana s.; la prima umana s. conciliata dalla religione fu quella de’ matrimonj (Vico); vivere nella s., riformare la s.; essere utile, inutile alla s.; spreg., rifiuti della s., individui che vivono al margine della società, poiché ne rifiutano le regole o sono da essa emarginati. In partic.: a. Insieme di uomini organizzato sulla base di un sistema più o meno strutturato di rapporti naturali, economici, culturali, politici; in tale accezione il termine è per lo più accompagnato da attributi che ne specificano meglio il sign. sulla base di criterî diversi: con riferimento ai rapporti di produzione, la s. feudale, la s. borghese o capitalistica, la s. socialista; con riferimento all’attività economica preponderante, la s. pastorale, contadina, la s. mercantile, industriale; con riferimento al tempo e al luogo, la s. arcaica, antica, moderna, contemporanea; la s. romana, la s. americana, la s. francese del Settecento. b. Con particolari usi specialistici: nella filosofia politica, s. civile, locuz. usata nell’ambito del giusnaturalismo come sinon. di stato (e pertanto detta anche s. politica), in quanto indica, in contrapp. a s. naturale, l’associazione volontaria degli individui originariamente indipendenti che, rinunciando alla libertà e ai diritti di cui godevano nello stato di natura, si sottomettono a una autorità sovrana; nella filosofia hegeliana del diritto, invece, il concetto di s. civile assume il sign. che conserva nell’uso attuale, in quanto non è più identificata con lo stato o la società politica, ma indica il momento transitorio dell’eticità, quello in cui ai vincoli naturali della famiglia subentra il sistema delle relazioni economiche fondato sugli interessi individuali, che solo nello stato saranno subordinati all’interesse collettivo; s. aperta, locuz. usata dal filosofo della scienza Karl R. Popper (1902-1994) per indicare un tipo di società caratterizzato dalla completa indipendenza dell’individuo che, libero da qualsiasi forma di condizionamento (spec. di carattere ideologico, politico e religioso), può esercitare la propria razionalità critica in ogni ambito della vita sociale. Nel linguaggio sociologico e pubblicitario, con riferimento al tipo e al modello di vita dominante in molte categorie sociali, spec. dei paesi più industrializzati, è ricorrente l’uso delle espressioni: società (o civiltà) del benessere o dei consumi, e s. opulenta o affluente, per le quali v. benessere, consumo (nel sign. 2 a), opulento e affluente1; s. postindustriale (v. postindustriale); s. di massa (v. massa, n. 3 c). 2. a. In senso più limitato, associazione, organizzazione di persone che si riuniscono per cooperare a un fine comune; si denominano per lo più con riferimento al loro carattere, allo scopo perseguito, ecc.: s. letteraria, artistica; s. sportiva, s. ginnastica; s. protettrice (o per la protezione) degli animali; s. di mutuo soccorso; ecc. Possono essere organismi politici o economici, anche internazionali (come, per es., la S. delle Nazioni, organizzazione costituitasi nel 1919 con il fine di mantenere la pace tra i popoli e sviluppare la cooperazione internazionale nel campo economico e sociale, e cessata nel 1946 con il trapasso dei suoi poteri all’Organizzazione delle Nazioni Unite); enti di diritto pubblico istituiti per la difesa di interessi di categoria (per es., la S. italiana degli autori ed editori, cui è tra l’altro attribuita l’attività di intermediazione nella tutela dei diritti d’autore e la riscossione dei proventi derivanti dalla rappresentazione, esecuzione, riproduzione e ogni altra forma di sfruttamento delle relative opere); associazioni che si propongono di incrementare lo studio e la ricerca scientifica (S. filosofica, S. geologica, S. mineralogica italiana), ecc. Come denominazione di congregazioni religiose: S. del Divin Verbo, S. di Maria, S. salesiana di s. Giovanni Bosco, ecc. In diritto canonico, s. senza voti pubblici, quelle comunità i cui appartenenti non emettono i tre voti pubblici (povertà, castità, obbedienza) dei religiosi, pur vivendo in comune sotto il governo di superiori gerarchici; s. proibite, organizzazioni che la Chiesa proibisce in quanto perseguono il fine di operare contro la Chiesa stessa, o anche contro i legittimi poteri dello stato. Nella storia politica e delle religioni, s. segrete, organizzazioni in cui sono segreti i membri, la dottrina, le finalità e le attività, e l’esistenza stessa: le s. segrete europee dell’Ottocento, della Cina; le s. segrete religiose dell’Africa occidentale. b. In araldica, nel sign. generico di collettività, sono dette armi di s. quelle dei capitoli, monasteri, ordini religiosi e cavallereschi, corporazioni, ecc. c. Anticam., nome di alcune compagnie; per es., S. delle armi, a Bologna, a Lucca. 3. a. Ente, di origine contrattuale (contratto di s.) costituito da due o più persone che, con beni comuni, intendono esercitare un’attività economica per dividerne gli utili: s. di persone, caratterizzate dalla preminenza nel rapporto associativo dell’identità e dell’attività dei soci; s. di capitali, caratterizzate invece dalla preminente rilevanza dell’apparato patrimoniale operato dai soci; creare, fondare, sciogliere una s.; s. commerciale, di servizî, di navigazione, e s. del gas, di telefonia; imposta sulle s.; s. private, pubbliche, e s. a partecipazione statale o pubblica; s. fiduciarie, immobiliari (v. fiduciario e immobiliare); s. consortili, create da due o più imprenditori per organizzare congiuntamente la disciplina e lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (per es., l’approvvigionamento di materie prime); s. cooperative, che perseguono il duplice scopo di dividere gli utili tra i soci e di procurare loro beni e servizî; s. a catena, v. catena (nel sign. 3 f). Tra i tipi fondamentali previsti e regolati in diritto civile: s. a responsabilità illimitata, i cui soci rispondono con tutto il loro patrimonio delle obbligazioni sociali, e in cui rientrano le s. semplici, caratterizzate, in negativo, dal non poter avere per oggetto lo svolgimento di una attività commerciale, e le s. in nome collettivo (v. collettivo1, n. 1 c); s. a responsabilità limitata, i cui soci rispondono solo nei limiti dei loro conferimenti sociali, in cui rientrano le s. per azioni (v. limitato); intermedie sono le s. in accomandita (v. accomandita), semplici o per azioni. Per s. anonima, v. anonimo. b. estens. Unione di due o più persone che stabiliscono di partecipare in comune a un’impresa, dividendo equamente fra loro le spese, i guadagni nonché i rischi e le perdite: mettersi, essere in s. con qualcuno; hanno fatto s. insieme; combinare un affare in s.; avere una bottega, un’officina, ecc., in s. con un altro; nell’uso fam., di qualsiasi cosa, fare in s., condividerne il possesso o il godimento. 4. a. Ceto, categoria sociale, per lo più con uso limitato alle categorie più elevate e quasi sempre con un agg. che le specifichi: la s. aristocratica, l’alta s.; la bella s.; la s. colta, intelligente; frequentare la buona s.; far parte della migliore s.; la s. elegante della Capitale. Per onorata s., come denominazione della camorra, e per estens. della mafia e di altre forme di criminalità organizzata, v. onorato. b. La vita di relazione delle persone che appartengono al ceto aristocratico più ricco ed elevato, quindi, in partic., ritrovo mondano, riunione nobile ed elegante: andare in s.; essere presentato in s.; abito da s.; fare vita di s.; fare buona figura in s., ecc. Con sign. più generico, giochi di s., quelli che si usano fare tra persone riunite per un trattenimento o una festa (v. gioco, n. 1 a); sono detti anche, ma più raram., giochi di sala. c. letter. La compagnia di altre persone: fuggire la s. dei (o con i) malvagi, degli ignoranti; cercare la s. delle persone perbene, di persone colte e intelligenti; dalla molestia degli uomini mi liberai facilmente, separandomi dalla loro s., e riducendomi in solitudine (Leopardi). 5. In biologia (per estens. analogica del sign. primo e fondamentale del termine): a. Con riferimento ad animali, gruppo di individui appartenenti alla stessa specie, tra i quali intercorrono rapporti di collaborazione e divisione del lavoro, definiti attraverso complessi sistemi di comunicazione (chimica, visiva, tattile, acustica). I sistemi sociali più complessi sono quelli costituiti dagli insetti sociali (api, formiche, termiti), nei quali il bene comune prevale su quello individuale, e che si fondano sull’esistenza di caste, ognuna deputata a svolgere un compito preciso all’interno del gruppo, mentre, tra i vertebrati, solo i mammiferi presentano rapporti sociali complessi, evolutisi a partire dal rapporto madre-figlio. Le società si differenziano soprattutto per la capacità di distinzione e riconoscimento individuale degli elementi del gruppo, ciascuno dei quali appartiene a un rango gerarchico definito. Nei carnivori la causa principale dell’evoluzione dei rapporti sociali è costituita dalla caccia, in quanto la cooperazione tra gli individui ne aumenta l’efficacia, mentre le società di primati si distinguono per la notevole differenziazione dei ruoli e dei comportamenti individuali, e per l’importanza assunta dall’apprendimento e dalla trasmissione culturale nella definizione dei rapporti sociali tra i membri del gruppo. b. In botanica, s. vegetale, raggruppamento di piante, sinon. di cenosi.

SPIRITUALITÀ
[dal lat. tardo spirit(u)alĭtas -atis] – 1. Il fatto di essere spirituale, di avere natura o carattere spirituale: la s. dell’anima, degli angeli; la s. di un rapporto di amicizia. 2. Particolare sensibilità e profonda adesione ai valori spirituali: la sua s. lo porta a disinteressarsi dei problemi concreti; uomo, artista, scrittore di grande s.; per estens.: la s. di una composizione musicale; uno sguardo, un volto di intensa spiritualità. In partic., l’insieme degli elementi che caratterizzano i modi di vivere e di sperimentare realtà spirituali, sia con riguardo a forme di vita religiosa, sia con riferimento a movimenti filosofici, letterarî e sim.: la spiritualità del cristianesimo, del buddismo; la s. francescana; i caratteri proprî della spiritualità romantica.

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