di Oni Acosta Llerena, 3 febbraio 2022
Traduzione a cura del CENTRO STUDI ITALIA CUBA
Per alcuni, un’operazione di questo tipo denoterebbe mancanza di creatività, ma per altri, con i quali concordo pienamente, questa proposta è valida tanto quanto concepire parole e suoni originali. Se esaminiamo questa sfida da un punto di vista morfologicamente complesso, noteremo che, dall’inizio degli anni ‘60 e sotto la spinta delle nuove avanguardie endogene e altre geograficamente vicine, possiamo definire Cuba come un laboratorio sonoro senza precedenti in relazione alla musicalizzazione di importanti poesie di autori molto dissimili fra loro come Neruda, Benedetti, Vallejo, Darío, Guillén, Martí, Gabriela Mistral e altri.
La creazione dell’ Icaic (Istituto Cubano dell’Arte e Industria Cinematografica) e della Casa de las Américas quasi immediatamente dopo il trionfo rivoluzionario del gennaio 1959, così come la chiara visione di Fidel della salvaguardia e dell’indipendenza culturale in primo luogo, furono probabilmente terreno ideale su cui sarebbero cresciute molte di queste creazioni, ovviamente ispirate dalla scoperta di una letteratura quasi sconosciuta fino a quel tempo, e con sfumature concettuali molto diverse.
In quell’album del 1978, con poesie di José Martí cantate da Amaury Pérez, c’era già una speciale linea di composizione che potremmo definire trasgressiva e per nulla compiacente dell’estetica di moda nel Paese. Inoltre, il solido lavoro di produzione musicale e la collaborazione sviluppata tra Amaury e Mike Purcell è molto sperimentale per il suo tempo, così come l’uso di varie formazioni musicali che includevano parte dell’Orchestra Sinfonica Nazionale di Cuba. Potremmo giudicare straordinaria l’appropriazione filosofica e umana che il giovane Amaury scopre in Martí, e che si traduce in un risultato eclettico nelle canzoni dell’album.
Con il cambio tecnologico negli anni ’90 e con la migrazione dal vinile al CD della discografia globale e nazionale, alcuni progetti sono stati ristampati con i benefici offerti dalla tecnologia digitale e, nello specifico, questo album non solo ne ha beneficiato, ma è stato abbellito da altre aggiunte contestuali. Con l’idea di Petí González e l’eclettismo degli Egrem, la nuova riproposizione in formato doppio album non ha solo portato alla rimasterizzazione delle tracce d’archivio del 1978, ma ha coinvolto vari artisti nella rivisitazione di quelle canzoni. Non sono stati selezionati generazionalmente o casualmente, ma con solidi criteri di produzione. Oltre al talento e alla esuberanza musicale, appaiono nomi come Ivette Cepeda, Leo García, Daniel Torres Corona o Annie Garcés, per citarne solo alcuni, così come altri notevoli strumentisti.
Ancora una volta, l’Apostolo vive attraverso questi canti e queste interpretazioni, scoperte e venerate per il suo pensiero pieno e unificante da un giovane che, un lontano giorno del 1978, lo abbracciò per sempre.
Ascolta il disco originale del 1978 di Amaury Pérez