L’unica discussione rivoluzionaria è quella che avvantaggia la Rivoluzione

Fidel alla chiusura del Secondo Congresso del Partito Comunista di Cuba, 1980

di Javier Gomez Sanchez
Traduzione a cura del Centro Studi Italia Cuba

Si potrebbe affermare che la storia dei movimenti rivoluzionari in tutti i paesi è segnata da divisioni e controversie, da divergenze nei metodi, disquisizioni teoriche, identità di gruppo, con eventuale unità in circostanze e leadership momentanea, ma dispersione come tendenza permanente e l’energia spesa sulla discussione come costante. La Rivoluzione Cubana nasce dal superamento a lungo termine di tutto ciò.
La prima domanda che dovrebbero porsi quelli di noi che difendono la Rivoluzione in questa fase difficile è se ciò che serve in questo momento sono discussioni su gruppi, dogmi e sette, nella stessa misura in cui queste non sono affatto necessarie.
L’avanzata di una neo-controrivoluzione ideata, organizzata e finanziata dagli Stati Uniti, con i social network come spazio di espressione ma con l’intenzione di impossessarsi degli spazi fisici e di esercitare pressioni politiche, ha a sua volta dato maturità e attivismo a una forza rivoluzionaria giovane, fidelista, organizzata, con solidi punti di contatto, e una preparazione nell’affrontare quell’offensiva imperialista che sta sperimentando nel nostro Paese metodi già utilizzati in Europa orientale, Venezuela e Nicaragua.
Nell’ultimo anno, nel periodo 27 novembre-11 luglio-15 novembre, gli Stati Uniti hanno speso e perso un investimento di anni di lavoro che non hanno fatto altro che generare la stessa identità controrivoluzionaria in coloro che erano già controrivoluzionari, ma anche una consapevolezza rivoluzionaria e la sua identificazione tra nuovi attori, insieme all’attivazione di organizzazioni politiche cubane. Ci vorrà molto più lavoro, pazienza e dollari perché gli statunitensi rimettano insieme il loro apparato neo-controrivoluzionario. Anche noi dobbiamo saper utilizzare l’apparato di attivismo rivoluzionario emerso nel fervore di quella lotta, quando questa avrà raggiunto un momento di distensione che non abbiamo dubbi sarà temporaneo.
L’emergere di una coscienza politica nei giovani che si esprimono sui social network, con la facilità che questi forniscono per produrre e trasmettere contenuti, genera ogni quattro o cinque anni, -con i cicli universitari- microgenerazioni politiche che appaiono sulla scena della guerra culturale e mediatica in cui si svolge questo confronto tra la neo-controrivoluzione e le nuove forme di difesa della Rivoluzione.
Sebbene l’emergere della prima microgenerazione di giovani rivoluzionari neli social network, in un momento in cui i blog stavano nascendo a Cuba, si scontrò con la sfiducia e la mancanza di conoscenza delle organizzazioni politiche. Ciò sta cambiando e la seconda microgenerazione si è lasciata integrare in un rapporto più stretto con queste. Il nostro compito è garantire che la prossima microgenerazione di giovani rivoluzionari nasca e si sviluppi già integrata in quelle strutture politiche della Rivoluzione. Questo gli fa risparmiare energia e gli permette di orientarsi direttamente verso la coscienza rivoluzionaria e l’attivismo senza esaurirsi in un processo che passa attraverso barriere, ostacoli e sfiducia.
La crescita e il consolidamento dello scenario digitale della lotta ideologica, nella sua combinazione con lo scenario reale, ha portato a una maturazione di tutti gli attori a difesa della Rivoluzione, quelli tradizionali e quelli emersi ultimamente, il cui successo si misura con la capacità di integrarsi, assimilare e funzionare come se fossero uno solo. Una costante sarà sempre la messa in discussione dell’immobilità e la burocratizzazione della militanza, di fronte a una controrivoluzione che cerca costantemente di rinnovare il suo discorso ei suoi attori.
In questo tempo, a volte spinti dall’azione del nemico, sono emerse iniziative dinamiche e creative -in spazi digitali e reali-, che hanno avuto e continueranno ad avere un grande valore. È necessario svilupparle e consolidarle.
Queste nuove forze, giovani nell’età o nello spirito, saranno più utili alla Rivoluzione nella misura in cui capiranno che tutte le energie sono necessarie per affrontare questa nuova controrivoluzione e l’uso che questa fa delle vecchie componenti controrivoluzionarie nella società e delle condizioni economiche che gli sono favorevoli.
Quali nuove minacce deve affrontare la Rivoluzione Cubana così giunta nel 21° secolo? A quelle vecchie, come il blocco e l’aggressività imperialista che lo aggrava nel tempo in attesa di un esito caotico, se ne aggiungono altre: l’avanzata di una mentalità tecnocratica che corrompe e diluisce il socialismo cubano. La corruzione morale dei privilegi e l’effetto che questa produce sulla popolazione in mezzo alle difficoltà economiche collettive di una specie di Periodo Speciale con Internet. Il nemico più pericoloso per la Rivoluzione e il socialismo è la tecnocrazia. Si tratta di un nuovo nemico che è necessario conoscere. Questo principale e più aggressivo nemico del popolo è la gestione senza identità ideologica o consapevolezza sociale delle risorse e dell’accesso ad esse. Questo si manifesta in un apparato commerciale statale, creato dal modello del socialismo cubano che però costituisce per esso una sfida nella sua gestione, emerso in precedenti situazioni di crisi, ha agito per diversi decenni con la mentalità di essere al di sopra della legge e del controllo popolare, e che l’attuale scenario di emergenza e necessità di valuta estera è arrivato ad esacerbare, facendo regredire il progresso che la società aveva ottenuto negli ultimi anni nel suo controllo. A ciò si aggiunge l’effetto di un settore privato con ampie capacità speculative, il quale, essendo stato una necessità dialettica, non cessa di agire sull’economia come spinta al consumo e generatore di prezzi illimitati, capace di – in cambio di una presunta creazione di lavoro e di alcuni servizi – arricchire pochi e impoverire molti.
Dovremo affrontare gli effetti di una guerra culturale molto più diffusa, sviluppata su un terreno reale, e diretta non solo verso le comunità accademiche ed elitarie, ma verso le masse e gli strati più ampi della società cubana, nella misura in cui l’accumulazione simbolica di concetti e bisogni di benessere, paradigmi di vita e identità, influenzati dal consumo audiovisivo e digitale hanno il loro effetto, sotto il bombardamento delle reti, su centinaia di migliaia o milioni di menti cubane, pressate da carenze e difficoltà quotidiane, senza prospettive di miglioramento immediato a causa di una crisi altrettanto accumulata.
Questo è lo scenario in cui si svilupperà la lotta di classe a Cuba nei prossimi anni, una lotta che, se non è tra di loro, è davvero una lotta di classe fra diverse condizioni di vita. La lotta si accenderebbe tra loro se una parte dei più svantaggiati e meno identificati con la Rivoluzione, senza aspettarsi nulla di più da essa e avendo invece come paradigma il più privilegiato, vedesse nello strato intermedio professionale, rivoluzionario, in qualche modo attivo nel corso della vita del Paese, ma ugualmente colpito dalla crisi, anche se con migliori strumenti sociali per attraversarla, come presunto ostacolo per arrivare a vivere, essa, come la classe più consumatrice, e quindi, l’altra, come sua nemica.
Di fronte a ciò, c’è un governo chiamato a guidare il Paese, a mantenerlo in funzione ogni giorno e, allo stesso tempo, a portare avanti un’opera sociale che non rinuncia a sollevare milioni di cubani dalle condizioni di povertà materiale e spirituale. Per questo servono suggerimenti pratici e non disquisizioniE’ proprio in questo scenario, che dovremmo cominciare a discutere di dogmi, sette, marxismo, punteggiature, leninismo, gruppettari?
Sprecheremmo l’energia di cui abbiamo bisogno per produrre la teoria veramente necessaria, per incontrare e discutere su tutto ciò di cui abbiamo bisogno, per mobilitare e mantenere attive le forze emotive e intellettuali che possono e devono difendere le idee del socialismo e della Rivoluzione in tempi difficili. Né le discussioni bizantine, né i “gruppettari”, né gli ego individuali e collettivi, né le identità artificiali come i marchi registrati, ci daranno ciò di cui abbiamo bisogno. Ci porteranno via e ci divideranno. Si renderebbe un pessimo servizio alla Rivoluzione e si darebbe una piacevole soddisfazione alla controrivoluzione e ai suoi mecenati che osservano costantemente.
Di fronte alle differenze intellettuali, la prima cosa deve essere la comprensione della diversità delle forme di integrazione per difendere la Rivoluzione, in cui ognuno ha un ruolo, per dovere e per diritto.
Dobbiamo essere capaci di agire e pensare insieme, con il marxismo come strumento teorico, il leninismo come strumento pratico, il pensiero di Marti come etica, e il Fidelismo come fattore unificante. Chiediamoci: cos’è la Rivoluzione oggi? Che cosa significa essere un rivoluzionario a Cuba oggi? Ed essere in grado di rispondere a queste domande, con la risposta che l’unità ci aiuta a trovare con il contributo di tutti noi.

Articolo originale: La única discusión revolucionaria es la que beneficia a la Revolución